Recensione del concerto dei Porcupine Tree a Milano

Forum di Assago, 24 Ottobre 2022


 


L’atmosfera è elettrica da tempo tra i fan dei Porcospini, in occasione di questa tanto sospirata serata al Forum di Assago. Sono ben dodici anni che i nostri si fanno aspettare, dai tempi del tour di The Incident, un album che all’epoca non fu accolto benissimo dai fan, i quali tuttavia non potevano certo immaginare che avrebbero dovuto sopravvivere a una dozzina di anni dal culmine devastante, tra pandemie e eventi mondiali, prima di rivedere i PT sul palco.

La gioia di ritrovarsi tra fan e davanti a tale spettacolo è quindi enorme, e appare subito evidente che lo stesso spirito è condiviso dalla band stessa. Del resto un’anticipazione di questa sensazione di rinnovato entusiasmo e di nuovissima disinvoltura da parte di Steven Wilson l’avevamo già percepita tre mesi prima sempre a Milano, in occasione dell’ascolto in anteprima del nuovo album “Closure/Continuation”, preceduta da un’intervista aperta alle domande dei fan.

Il tour è iniziato da un mese e mezzo partendo dagli USA, e volenti o nolenti qualche informazione è arrivata a tutti attraverso i commenti social dei fan d’oltreoceano: commenti che in genere esprimono il concetto di “concerto più bello mai visto in vita mia”. Nessuno di noi fan italiani stenta a crederci, anzi la nostra cieca fiducia nella band ci porta ad aspettarci grandi cose, e nessuno resterà deluso.

Il nuovo album, pubblicato nell’anno in corso spiazzando molti affezionati che erano rimasti confusi dalle altalenanti dichiarazioni di Steven Wilson (“non ci siamo mai veramente sciolti” ma anche, più recentemente, “la band non esiste più” e “sono già musicalmente soddisfatto dall’esplorare nuove direzioni come solista”) ci ha già comunicato con chiarezza che i Porcupine Tree hanno ancora molto da dire.

I brani che compongono il nuovo “Closure/Continuation” sono anomali in quanto sono stati scritti in collaborazione tra Wilson, Harrison e Barbieri, e oltretutto nell’arco di un decennio, ripresi e rivisti in sessioni anche molto lontane tra loro, ma sono al di là di ogni dubbio autentici brani dei PT e infatti trovano una loro eccellente collocazione tra quelli del passato, distribuiti in modo “equo” nella scaletta della serata, e prendono davvero vità dall’energia del live. Il pubblico era curioso anche di come si sarebbero amalgamati i fenomenali brani dal passato glorioso dei PT, quelli che i giovani fan non hanno mai avuto l’occasione di ascoltare dal vivo, con le nuove tracce, e sembra proprio che non sia rimasto scontento.

Sul palco prendono posto i tre membri storici dei PT, accolti con un boato dal pubblico: solo tre perché il bassista Colin Edwin si è ormai da anni allontanato dal progetto. In vece sua e anche di John Wesley, che ci eravamo abituati a vedere sul palco dedito alla chitarra e cori, ci sono due volti nuovi, Randy McStine e Nate Navarro, che convincono da subito per la loro grande maestria musicale nonché passione.

E’ palpabile l’eccitazione, nel forum praticamente sold out, non appena i PT ci investono col primo brano, “Blackest Eyes”, tratto da uno degli album più osannati, ovvero “In Absentia”: subito partono i cori a squarciagola, dal primo ritornello in poi.

Nel corso dei primi brani il suono dal palco viene corretto ed aggiustato; già, disgraziatamente, il Forum non è mai stato noto per la sua acustica, ma oltretutto qualcosa inizialmente va storto, infatti talvolta le tastiere vengono sovrastate, e anche la voce di Steven sembra leggermente distorta. Fortunatamente viene posto rimedio in fretta. Del resto noi dell’audience abbiamo altro per la testa: Steven Wilson decide subito che un parterre pieno di gente seduta non si addice al concerto che ha in mente, e invita il pubblico ad alzarsi. Le prime venti file accolgono la proposta con entusiasmo e si riversano nello spazio tra la transenna e la prima fila di sedie, migliorando nettamente la situazione per i musicisti… ma forse non per coloro che erano intenzionati a restare seduti, come ci eravamo abituati nei tour solisti ambientati nei teatri.

In ogni caso i brani cosiddetti “storici” sono un crescendo di delizie: “Even Less”, “Drown with me” con la chitarra acustica, ‘Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled’... il concerto è diviso in due “atti” con un intervallo di venti minuti; il primo viene chiuso da “Chimera’s Wreck”, brano nuovo molto cupo e ricco di atmosfera, che lascia tutti semi-storditi. La scelta dei brani mette in risalto alternativamente le meravigliose tastiere di Barbieri e l’inconfondibile bravura tecnica di Gavin Harrison. Usare il termine “bravura” è ovviamente riduttivo applicato a musicisti di questo calibro.

Per essere colui che in ogni intervista sottolinea come abbia composto quest’ultimo album suonando il basso e abbandonando invece la chitarra, Steven resta comunque legatissimo ed estremamente a suo agio nel suo ruolo chitarristico, ora che è nuovamente nelle vesti di performer.

Inoltre, stasera sembrano tutti posseduti da un’aura magica, che infonde potente linfa vitale ai brani. Questo si evidenzia sempre di più nella seconda parte del concerto, che ci immerge prevalentemente nel mitico album “Fear of a Black Planet”, compresa la suite “Anesthetize” in versione intera, da 17 minuti. Scopriamo che ci sono anche scelte leggermente anomale nella scaletta, come inserire a questo punto il brano “Sentimental” da The Incident, l’ultimo album dei PT prima del decennio sabbatico, un brano forse non tra i più memorabili e che trovava davvero il proprio senso nel continuum di quell’album.

“Sleep Together", brano dall’indiscussa potenza aggressiva, conclude il secondo atto portando l’esaltazione di tutti a un parossismo. Per tutto il tempo Steven si è mostrato estremamente disinvolto come frontman, molto più che in passato, dialogando come un consumato attore e passando dalle battute al prendere in giro il pubblico alle polemiche costruttive: ci spiega infatti come i due giovani Navarro e McStine siano stati accolti male in Germania, in quanto statunitensi, e di conseguenza Steven li dichiara seduta stante semplicemente cittadini del pianeta Terra, facendoci così anche il ripasso di educazione civica en passant. Un messaggio, scherzi a parte, molto apprezzabile e tipico suo, da filosofo quale si è sempre dimostrato.

I tre brani del bis straziano meravigliosamente il cuore di tutti, dato che ognuno di noi vorrebbe intimamente che questo concerto non finisse mai. E’ davvero uno dei più belli a cui ci sia stato dato d’assistere, tra mirabolanze tecniche, intensità emotiva e pura e semplice magia.

Con un ultimo guizzo comico/polemico, perfettamente in stile, Steven ci spiega che non avendo i PT mai avuto una vera e propria hit colossale, si possono tranquillamente avvalere della libertà di piazzare qualsiasi brano come bis finale. Però… il gran finale è “Trains”, che è quanto di più vicino ci sia, regalandoci ancora una volta tutta la nostalgia e la felicità musicale dolceamara che i PT rappresentano per tutti noi.

Scaletta:

Parte 1:

Stupid Dream (Intro)

Blackest Eyes

Harridan

Of the New Day

Rats Return

Even Less

Drown With Me

Dignity

The Sound of Muzak

Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled

Chimera’s Wreck

 

Parte 2:

Fear of a Blank Planet

Buying New Soul

Walk the Plank

Sentimental

Herd Culling

Anesthetize

Sleep Together

 

Bis:

Collapse the Light Into Earth

Halo

Trains

Review by Domizia Parri


Graphic elements are from CSS Zen Garden theme by Pierre Antoine Viallon (Creative Commons license), Lasse Hoile and Porcupine Tree.