Steven Wilson
Hand.Cannot. Erase.
(Kscope 2015)

Ogni volta che Steven Wilson fa uscire un nuovo album, si finisce per dire che ha raggiunto il vertice della sua produzione, salvo poi essere smentiti dall’uscita successiva. Hand. Cannot. Erase. non fa eccezione: Wilson ha alzato ancora l’asticella, e non di poco. Come se non bastasse, l’ha fatto senza ripetersi: pur senza rinnegare l’anima prog-jazz di The Raven That Refused To Sing, ha creato un nuovo linguaggio, in cui sono confluiti elementi molto eterogenei: suoni pop ed elettronici provenienti dal suo passato più o meno remoto (Porcupine Tree, No-Man, I.E.M., Bass Communion, Blackfield), l’assoluta libertà compositiva sperimentata con gli Storm Corrosion, i suoi ascolti del momento, l’esperienza maturata come compositore e come ingegnere del suono, che l’ha visto di recente impegnato nel remix di album cruciali di, tra gli altri, King Crimson, Jethro Tull, XTC e soprattutto Yes, che hanno influenzato di certo la sua scrittura.
Il risultato è un album stratificato e pieno di rimandi, ma al tempo stesso sorprendentemente autentico, diretto ed immediato. Se i suoi precedente lavori solisti scuotevano pancia e cervello, Hand. Cannot. Erase. raggiunge direttamente il cuore, regalando momenti di commovente bellezza.
Lo spunto iniziale è stato fornito da un episodio di cronaca tanto assurdo quanto triste: il cadavere di Joyce Carol Vincent, una donna di nemmeno quarant’anni, con una vita normale, un lavoro terminato da poco, degli amici, una famiglia, è stato scoperto nel suo appartamento di Londra quasi tre anni dopo la sua morte. Riflettendo sui rapporti interpersonali, la vita nelle grandi città, gli affetti, la solitudine, le scelte, il caso, Wilson ha costruito un concept-album in cui la Vincent, o chi come lei, riprende vita con le sue vicende, i suoi pensieri e le sue emozioni.
Il gruppo di lavoro è lo stesso di The Raven, con alcune novità. Confermati Nick Beggs ai bassi, Marco Minnemann alla batteria, Adam Holzman alle tastiere ed arruolato definitivamente Guthrie Govan alle chitarre, è stato ridotto l’apporto di Theo Travis, in effetti l’elemento più jazz del sestetto. Inoltre, come non accadeva dai tempi di Up the Downstair e The Sky Moves Sideways dei Porcupine Tree (dove compariva la voce di Suzanne Barbieri, moglie del tastierista Richard Barbieri, e cantante, attrice e scrittrice), sono state inserite due voci femminili: quella recitante della mezzosoprano Katherine Jenkins e quella, evocativa e potente, di Ninet Tayeb, una cantante israeliana conosciuta tramite Aviv Geffen. Un ulteriore elemento di novità è rappresentato da un etereo coro di voci bianche, il The Cardinal Vaughan Memorial School Choir, ispirato dal The dreaming di Kate Bush. Wilson si è avvalso poi della collaborazione di Dave Stewart per gli arrangiamenti e dell’apporto di Dave Gregory (chitarre) e Chad Wackerman (batteria) in alcuni pezzi.
Non ancora soddisfatto, Wilson ha creato, con la collaborazione di Hajo Müller, Lasse Hoile e Carl Glover, un’edizione speciale del CD corredata da un volume di quasi 100 pagine, un video per Perfect life che sembra il frammento di un film, e soprattutto un blog, presentato come se fosse scritto dalla protagonista dell’album, corredato da una ricca collezione di immagini, foto e documenti dal realismo impressionante.
L’album si apre con First Regret (2.01), un intro dall’atmosfera molto cinematografica che, dopo campionamenti ed effetti, scivola sulle note di un pianoforte verso 3 Years Older (10.18), un pezzo movimentato come un saliscendi, dove ritornelli di sapore pop si intrecciano con assoli di chitarre, tastiere, ritmiche battenti e vere e proprie esplosioni polistrumentali.
La title-track Hand. Cannot. Erase. forse riuscirebbe a dare a Wilson quella popolarità radiofonica che ha inseguito invano con i Porcupine Tree: è un brano corto (solo 4.13), dal testo immediato e che resta subito impresso, cantato da Wilson con voce limpida.
Perfect life (4.43) inizia con un parlato che riprende il post centrale del blog, in cui la protagonista racconta della sorella adottiva che ha avuto accanto per pochi mesi e che è stata l’unica persona che le sia mai stata realmente vicina. Il brano si sviluppa ondeggiando in una sorta di trance, mentre la voce di Steven salmodia un mantra rassicurante.
L’armonia è rotta con Routine (8.58), dove la banalità delle azioni quotidiane elencate da Wilson lascia presto il campo alla voce vibrante della Tayeb, che parla di sé mentre gli strumenti entrano ed escono dalla canzone, e svelano le sue reali emozioni, sottolineate dall’assolo cristallino di Leo Blair; il brano, quindi, si sviluppa in un crescendo drammatico, che raggiunge il culmine e poi si addolcisce in un arioso coro finale.
In Home Invasion (6.24), il clima si fa più cupo e minaccioso, mentre Minnemann e Beggs si fanno spazio tra suoni elettronici sincopati e vagamente spaziali, che si allentano in struggenti parti cantate.
La successiva Regret #9 (5.00) lascia invece ampia libertà espressiva ad Holzman prima e Govan poi, le cui note si intersecano con quelle del Chapman stick di Beggs, in un brano strumentale dalla tessitura complessa ed emozionante.
Transience (2.43), dall’inizio enfatico e dall’andamento piano ma punteggiato da canti e controcanti, introduce la lunga suite Ancestral (13.30), in cui torna la voce della Tayeb e fa la sua comparsa anche Theo Travis, al flauto e sax baritono. Ancestral è il brano più articolato dell’intera opera, composto da varie scene sonore dalla resa quasi pittorica, tra cui spiccano la profondità ipnotica del cantato, un lancinante assolo di Govan ed una cavalcata finale che toglie il fiato. Il pezzo era stato anticipato durante il tour di The Raven, suonato con un titolo diverso ogni sera.
L’album si chiude con Happy Returns (6.00), anch'esso già suonato come anticipazione durante l'ultimo tour. È una ballata ariosa, arricchita, come la successiva Ascendant Here On… (1.54), dal coro delle voci bianche e da un prezioso assolo di chitarra, che mette il punto finale al racconto restituendo un po’ di speranza.
Wilson ha dichiarato che la storia costruita finora con la musica, i testi e le immagini guadagnerà un’ulteriore dimensione durante i concerti, per cui lui ed i suoi collaboratori stanno studiando strumenti che coinvolgano gli spettatori ancora più delle volte precedenti, ed in cui forse sverranno sviluppati i contenuti anticipati nel video di Perfect Life e nel blog.
Non ci resta che affidarci al suo talento e lasciarci affondare nel suo mondo fino a farlo entrare nel profondo di ciascuno di noi.
Review By Paola Macchiavello