GUTHRIE GOVAN Intervista

In occasione del passaggio in Italia degli Aristocrats, oltre alla video intervista al Batterista Marco Minnemann a Roma, è stata realizzata anche la mail intervista curata da Eugenio Crippa, al chitarrista compositore Govan Guthrie, per il nostro sito Coma Divine.


Coma Divine: Innanzitutto, una domanda personale: quale consideri sia stato il più grande risultato della tua carriera di musicista?

GUTHRIE GOVAN: Non saprei esattamente come rispondere. Se ripenso alla mia carriera musicale, la vedo come una lunga serie di piccoli successi, e ciascuno ha la medesima importanza degli altri. Quindi… non credo proprio di poter segnalare qualcosa che risalti più del resto!

Coma Divine: C’è una qualche tecnica chitarristica che puoi dire di aver inventato tu? Qualche posizione/accordo/progressione che senti ‘tuo’ e di nessun altro chitarrista?

GUTHRIE GOVAN: Suppongo che vi siano alcune cose che mi ritrovo a suonare in maniera totalmente unica, ma onestamente non penso che sia corretto giudicare il mio lavoro basandosi soltanto sul numero di tecniche o innovazioni che esso contiene. Potremmo fare un parallelo con gli scrittori: giudichereste un libro sulla base del numero di neologismi che contiene, o sul messaggio che esso trasmette al lettore? Lo stesso ragionamento si può applicare alla musica: teoricamente, tutti possono fare uso delle stesse dodici note; la differenza sta nel come queste note vengono poi utilizzate…

Coma Divine: Ritieni che vi sia sempre la possibilità di creare qualcosa di nuovo in ambito chitarristico e/o musicale in generale? Secondo alcuni, le ultime decadi sono state solo evoluzionarie ma non rivoluzionarie…

GUTHRIE GOVAN: Dal punto di vista chitarristico, sì, penso ci sia sempre qualcosa di nuovo ed esaltante pronto per essere portato alla luce.
Ho cominciato a suonare la chitarra quando avevo soli tre anni, perciò devo essere stato un bambino un po’ particolare per l’epoca in cui ho vissuto la mia infanzia, a fine Anni ’70: non ero per niente interessato a giocare a calcio o simili, ma ero in grado di suonare alcune canzoni dei Beatles, degli assoli di Jimi Hendrix ed arrangiamenti di Joe Pass. All’epoca incontrai diversi musicisti, in teoria ben più saggi di me, che consideravano un peccato il fatto che io spendessi tanto tempo solo ed esclusivamente nel suonare la chitarra: era un periodo in cui la chitarra elettrica era da molti considerata ‘storia’, e mi si diceva che sarebbe stato più opportuno focalizzarsi su uno strumento innovativo quali tastiere e sintetizzatori. Poi ripenso a quante incredibili innovazioni tecniche sono state apportate al modo di suonare la chitarra, ed il fatto che mi dicevano quelle cose tanto seriamente non può che suscitare qualche risata - non che fosse ovviamente possibile prevedere il futuro.
(Questo mi ricorda quell’aneddoto del tale che consigliò di chiudere l’ufficio brevetti negli Stati Uniti verso la fine del 19° secolo, sulla base del fatto che qualsiasi cosa potesse essere inventata lo era già. Si tratta probabilmente di una storia del tutto inventata, ma spiega comunque ciò che intendo dire).
Credo che molte delle innovazioni chitarristiche che seguiranno nei prossimi anni  comprenderanno le nuove tecnologie – la ‘tavolozza sonora’ a disposizione di un chitarrista oggi è quanto mai ampia, perciò sono più interessato a vedere come questa cosa si evolverà, piuttosto che scoprire nuovi modi per suonare un arpeggio sempre più velocemente. Per quanto riguarda la musica in generale, a me pare ovvio che vi siano sempre delle novità in questo ambito. In particolare nella musica elettronica, dove il processo creativo ha in generale una vita molto breve: dato il modo in cui un brano viene composto oggi, possono anche passare poche ore perché questo sia immediatamente proposto nelle sale di qualche club.

Coma Divine: Ho notato che durante il tuo concerto con gli Aristocrats non hai mai cambiato chitarra, mentre solitamente anche il chitarrista meno esperto è solito disporre di diversi strumenti sul palco. La domanda è dunque: come riesci a fare uso di una sola chitarra in concerto? È forse perché i brani degli Aristocrats sono più ‘guitar-friendly’ di altri?

GUTHRIE GOVAN: Innanzitutto, non definirei le canzoni degli Aristocrats ‘guitar-friendly’; data la natura essenziale del ‘formato trio’, ho piuttosto l’esigenza di creare ancor più del solito una notevole varietà nei suoni.
Solitamente si tratta essenzialmente di una questione pratica: viaggiando spesso per suonare, molto del mio tempo è speso nelle sale di attesa degli aeroporti, e sono costretto a minimizzare la quantità di attrezzature da portarmi appresso. Il cambio di chitarra contribuisce senz’altro anche dal punto di vista scenico durante un concerto, ma molta della musica che suono è decisamente fuori moda, ed adatta ad una specifica fetta di ascoltatori, perciò è per me importante unire questi aspetti al budget a disposizione ogni qual volta si intraprende un nuovo tour.
Detto questo, non potrei certo suonare la musica degli Aristocrats con una chitarra qualsiasi: col passare degli anni ho imparato quali combinazioni di caratteristiche negli strumenti che suono approssimino al meglio le tonalità desiderate. Fortunatamente, mi sono ritrovato a lavorare con degli ottimi liutai, che hanno compreso alla perfezione i miei input, quindi… oggi quando mi porto una chitarra in tour so che è esattamente quella di cui ho bisogno!
Inoltre, è possibile espandere lo spettro dei suoni riproducibili da una chitarra elaborando diverse tecniche di esecuzione: ho sempre cercato di ottenere il massimo della varietà dal più semplice degli equipaggiamenti. Quando tengo delle clinic, solitamente gli spettatori sono impressionati dall’incredibile quantità di suoni che è possibile ottenere modificando soltanto il modo in cui si pizzicano le corde e si controllano volumi e tonalità.

Coma Divine: Qualche anno fa hai registrato e suonato dal vivo con il supergruppo Asia. Vi sono buoni o brutti ricordi di quell’esperienza? Cosa si provava ad essere il più giovane, circondato da vecchie leggende della musica rock? Si tratta dei soliti ‘snob’, come spesso la retorica ci induce a pensare, oppure hai avuto modo di conoscere il loro lato più umano?

GUTHRIE GOVAN: Quella con gli Asia è stata la mia prima vera esperienza in una vera ‘touring band’, il che comprendeva il vivere costantemente in viaggio e svegliarsi ogni giorno in una diversa nazione. Perciò sono felice di aver accompagnato musicisti più vecchi e saggi del sottoscritto, piuttosto che dei coetanei: senza dubbio ho imparato molto meglio a restare sano nella vita ‘on the road’!
Per quanto riguarda la tua considerazione sullo snobismo in musica… confesso di essermi trovato davvero bene in compagnia degli Asia, non saprei cos’altro aggiungere.
(Potremmo dire che la mia esperienza con loro è iniziata nel 2000-2001, mentre  l’apice del loro successo risale all’inizio degli Anni ’80. Quando mi sono unito a loro, solo un musicista apparteneva alla line-up originale, perciò suppongo che le cose fossero diverse un tempo. Chissà, io all’epoca ero solo uno scolaretto!).

Coma Divine: A proposito di leggende: durante la registrazione dell’imminente nuovo album di Steven Wilson hai anche lavorato a fianco di Alan Parsons. Cosa ricordi di lui, della sua presenza ed attività in studio?

GUTHRIE GOVAN: Mi è parso che durante quelle registrazioni fosse innanzitutto importante massimizzare il tempo a disposizione, fare tutto nel migliore dei modi senza alcun compromesso. Abbiamo registrato ai leggendari EastWest di Hollywood, ed avevamo accesso al miglior equipaggiamento che si potesse immaginare; in qualche modo il senso della presenza di Alan Parsons in quella situazione è stato quello della cosiddetta ciliegia sulla torta. È stato un vero piacere lavorare con lui, ha ovviamente un orecchio raffinato e molta pazienza… ed inoltre è sembrato apprezzare molto la musica, il che non guasta mai!

Coma Divine: Proseguendo sull’argomento ‘Steven Wilson’: come sei entrato in contatto con lui? Come ti è stato chiesto di far parte della sua band? È rimasto colpito da qualche caratteristica del tuo stile che non ha riscontrato in altri, ad esempio?

GUTHRIE GOVAN: Dovresti chiederlo allo stesso Steven, io sono solo felice di essere stato coinvolto.
Certo, ho come l’impressione che lui stesse cercando qualcosa di specifico, dal punto di vista chitarristico, anche se non saprei esattamente come definirlo. Lui stesso è ovviamente un ottimo chitarrista, perciò suppongo fosse alla ricerca di qualcuno che potesse aggiungere qualcosa di nuovo a ciò che già ha a disposizione – magari che potesse avere intuizioni a cui lui non fosse in grado di pensare immediatamente?
Il nostro incontro credo sia dovuto a Marco (Minnemann, batterista di Aristocrats e della band di SW), avendo suonato con lui prima del mio arrivo. Steven è venuto ad un nostro concerto degli Aristocrats, e posso solo immaginare che gli sia piaciuto ciò a cui ha assistito. La cosa divertente è che, se c’è qualcosa per cui sono noto agli appassionati, è il mio lato più bizzarro, tecnico, ‘fusion’, essenzialmente l’opposto di ciò che piace davvero a Steven… probabilmente ha capito che la mia unica priorità resta comunque suonare ciò che ritengo migliore per la riuscita di un brano, indipendentemente dai generi musicali.

Coma Divine: Ti è stato inviato del materiale su cui lavorare prima che tu raggiungessi il resto della band in studio?

GUTHRIE GOVAN: Steven è prima di tutto un produttore, ed ha la tendenza a produrre delle versioni demo molto ricche per ciascun brano. Aggiungo: molti artisti vorrebbero arrivare a pubblicare anche solo quei demo che lui mi ha inviato – erano davvero ottimi!

Coma Divine: Ti sono stati ‘consegnati’ spunti melodici, accordi, trascrizioni complete? Quanto spazio libero alla tua improvvisazione ti è stato offerto?

GUTHRIE GOVAN: Si è trattato di un mix di queste tre cose. Alcune parti di chitarra erano già perfettamente strutturate, e chiaramente non richiedevano altre aggiunte. In altri passaggi lo stesso Steven mi ha detto “questa sezione è tua, fanne pure ciò che vuoi!”. Credo che lui sappia che ciascun musicista possiede una propria identità musicale, e che il miglior risultato lo si ottiene incoraggiandoci ad approcciare alcune cose in maniera indipendente. D’altro canto, non perde mai di vista il quadro generale, e qui ha il sopravvento il suo ruolo di ‘guida musicale’.

Coma Divine: Che aria si respirava in studio di registrazione?

GUTHRIE GOVAN: A parte Minnemann, probabilmente è stata la prima volta in cui hai suonato con tutti gli altri musicisti presenti.
C’era un’ottima atmosfera in studio: immagino che Steven fosse perfettamente consapevole di cosa stesse facendo quando si è trattato di ‘mettere insieme’ questa band, dato che ciascuno mi è parso perfettamente a suo agio, sia musicalmente che personalmente. Sono davvero felice del fatto che ciascuno nel gruppo apprezzi più di un singolo genere musicale – suoniamo essenzialmente prog-rock, ma tutti abbiamo delle ottime conoscenze che spaziano dalla classic-rock al jazz-fusion. Questa è la mia idea di ‘fun band’!

Coma Divine: Questa è probabilmente una domanda retorica: ti vedremo suonare dal vivo con Steven la prossima primavera?

GUTHRIE GOVAN: Esattamente, domanda retorica: ti sei già risposto da solo.

Coma Divine: Per concludere: quali sono i tuoi prossimi impegni? Ci sono altre band a cui ti unirai a breve, oppure altri dischi solisti/progetti musicali a cui stai lavorando?

GUTHRIE GOVAN: Con gli Aristocrats abbiamo appena pubblicato un DVD live intitolato “Boing, we’ll do it live!” ed il prossimo (ovvero questo) mese ci incontreremo a Nashville per registrare il nostro secondo studio album. Prevedo perciò ulteriore attività live in seguito a questa pubblicazione. Sento anche l’esigenza di registrare un nuovo disco solista, il seguito di “Erotic Cakes”, ma… dipenderà molto anche dal tempo che avrò a disposizione il prossimo anno. Immagino che i miei impegni con Aristocrats e Steven Wilson mi terranno parecchio impegnato!


Intervista by Eugenio Crippa Foto by Francesca Savina

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