
(Inizio: una voce di bambino recita la fiaba di Ricciolidoro e
i Tre Orsi ).
SW: Quello sono io.
Hemel Hempstead (UK), scuole superiori
SW: Ciao, tu sei Paul ..... Ciao Paul, sono Steve, venivo a scuola qui tanto tempo fa. Dal 1978 al 1985. Stavo a Maxwell. Hanno ancora le stesse case laggiù? Sì. Andiamo di qui? E' dove ho fatto il mio primo concerto in assoluto. Wow, non è cambiato per niente. Era in occasione di una festa stile discoteca, nel 1980, e io ero così nervoso che non riuscivo a stare in piedi perché mi tremavano le gambe, così mi sono seduto qui, sull'orlo del palco, e ho suonato la mia chitarra. Sedetti esattamente qui, tremando come una foglia, e avevo un microfono, dovevo anche cantare, ma non sopportavo l'idea di guardare nessuno in faccia, quindi ho tenuto gli occhi bassi per tutto il tempo.
SW: Ero una schiappa nello sport, potete immaginarvelo. O sei bravo come musicista o lo sei nello sport. Non ho mai conosciuto nessuno bravo in entrambi i campi.
Messico
Susana Moyaho: (racconta in spagnolo di un bambino che
era ammalato, e sua madre era triste per questo, poi lo ricoverarono in ospedale e gli dissero che aveva il cuore malato, e dopo cinque giorni il bimbo morì. Sua madre piangeva e piangeva e gridava che suo figlio era morto, e andò a gridarlo al dottore, che divenne triste a sua volta.)
Tel Aviv, spiaggia
Veggente israeliana: Prendine una con la mano sinistra,
una che vuoi tu.
SW: Ok. E la volto in su?
Veggente: Sì. Questa carta parla di dove sei in questo momento, c'è un senso di avventura, di viaggio verso l'incognito, ci vedi qualcosa?
SW: Arcobaleni colorati, lo spettro dei colori, la luce.
Veggente: Sì, tutti i colori dell'arcobaleno: c'è una sensazione di abbondanza che sta arrivando verso di te. E' positivo: chiunque vorrebbe andare verso l'arcobaleno, infatti.

Tel Aviv, studio televisivo, programma di Lior Shlein
SW: Sto benissimo, siamo in Israele, io sto sempre bene in Israele.
Conduttore israeliano: Avevi un cameraman con te?
SW: Sì, è ancora qui. Stiamo girando un documentario su... 
Conduttore: Su di te?
SW: Beh, in parte, in generale riguarda l'essere musicisti nel ventunesimo secolo, e ovviamente essendo Israele la mia seconda casa volevo assolutamente venire qui e girare qui.
Conduttore: Se è la tua seconda casa, come mai non parli ebraico?
Hemel Hempstead (UK), scuole superiori
SW: Sicuramente ai miei tempi se volevi stare bene a scuola dovevi essere bravo negli sport; io ero bravo nella musica. La musica è una cosa più solitaria, vai a casa, ascolti la musica, impari a suonare il tuo strumento, provi a comporre canzoni, mentre gli altri ragazzini sono fuori a giocare a pallone o fare skateboard e cose del genere. Essere uno sportivo è una cosa più sociale, che ti inserisce in un gruppo. Io avevo alcuni buoni amici che erano come me presi dalla musica, e con loro formai il primo gruppo, quello con cui suonai il primo concerto nella sala delle assemblee della scuola: un gruppo heavy metal chiamato "Paradox". Questa scuola non era particolarmente stimolante per me: c'erano un paio di buoni insegnanti, degli amici e così via, ma non vedevo l'ora di uscirne. Non che voglia dare l'idea che fosse orribile, come esperienza: non lo fu, però fu piuttosto noiosa. Non è la scuola più dinamica del mondo, insomma. Questa è la mensa. "We ome to the cante". (frase che non significa nulla. Sta leggendo la scritta "Wecome to the canteen", "benvenuti alla mensa" da cui sono state cancellate delle lettere, N.d.T.).
Abitazione dei genitori di SW
SW: Ecco le cose che mio padre costruì per me. Quando ero un ragazzino ovviamente non potevo
permettermi di comprare delle attrezzature tecniche, stiamo parlando dei primi anni Ottanta, ma volevo ottenere suoni come quelli che sentivo negli album che ascoltavo allora, così dicevo a mio papà che avrei voluto ottenere certi suoni come nel disco che stavo ascoltando, che poteva essere uno dei Beatles, dei Tangerine Dream, o qualcosa del genere. Allora lui prese e mi costruì queste cose qua: un sequencer, una tape delay machine, e questo qua è effettivamente un vocoder. E funziona ancora, l'ho usato piuttosto di recente.
Mr Wilson: Il vocoder, l'abbiamo visto su una rivista, di elettronica applicata o simili. ....
SW: Questo è un registratore multitracce a nastro. Si chiamavano studio portatile, erano registratori multitracce che registravano su cassette, potevi registrare sopra una parte musicale diversa sovrapponendola a quella sotto, e poi mixare. Io ne volevo uno disperatamente, ma naturalmente non potevo permettermelo, avevo circa dodici anni, e papà disse: non ti preoccupare, te ne costruisco uno io. E lo fece. Mise un controllo dellla qualità del suono che era molto estremo, con un range molto ampio, quindi io potevo usarlo, registrando suoni, per distorcerli creando effetti davvero strani. E poi forse te ne ricordi, non c'era nessuna testina per cancellare.
Mr Wilson: Sì, dovevi usare nastri nuovi.
SW: E per questo, sostanzialmente perché non c'era modo di cancellare, ogni volta che registravo e sbagliavo qualcosa, non potevo eliminarlo, dovevo rifare tutto da capo. Oppure potevo sovrainciderci ma si sentiva comunque sotto il pezzo di prima.
Hemel Hempstead (UK), scuole superiori
SW: La palestra...non ci ho passato molto tempo lì dentro. Non so neanche se ci sono mai entrato per i cinque, no, sette anni che ho trascorso qui.
Abitazione dei genitori di SW
SW: Oh diamine, guarda questo...sono testi scritti dal mio amico Malcolm (Stocks, N.d.T.). Colui che ha per primo immaginato il ridicolo concetto dietro ai Porcupine Tree, e non era neanche un musicista. Mi ispirò ad addentrarmi in questo tipo di musica. Ecco i suoi testi per una canzone che si chiamava "Asciugamano", brano che penso che in conclusione fosse diventato uno strumentale. E questo è il suo discorso da "Yellow Hedgerow Dreamscape": "Apri il tuo cuore all'universo". Era roba tipo psichedelia cosmica, che lui stava diciamo imitando, con uno stile tipo anni sessanta e settanta, da hippie cosmico. C'è scritto 4 gennaio, 1989, circa vent'anni fa.
Dungeness, UK
Carl Glover (fotografo): Guarda questo, questo è il vero SWHQ (Steven Wilson Head Quarters). Vedi, chiaramente
sono i Bass Communion in stereo. Brillante. La stazione del Cono di Nebbia. Vedi, è chiaro che usa questi cosi giganti per creare pressione per emetterla da qua.
SW: Fantastico.
Carl Glover: Ne voglio scattare una nel mezzo.
Carl Glover: Questa è la migliore. Bellissima e strana.
SW: Strana e bellissima, infatti.
SW: Stranezza e bellezza, ci piacciono. Ma ci piace anche la decadenza.
Carl Glover: Questo posto è un pezzo di storia, davvero. Oh guarda, un treno.
SW: Oh, è buffo perché la gente mi chiede molto spesso perché ci siano tanti treni nelle mie canzoni. Ci sono tanti riferimenti ai treni e, nello specifico, alla decadenza; e una specie di visione nostalgica dei treni. Sono cresciuto abitando non proprio a un passo da una stazione, ma comunque abbastanza vicino: e ora ho questa associazione mentale di suoni, e emozioni, quando sento il suono di un treno, in particolare il suono di un treno che entra in stazione, ed è una specie di faccenda proustiana (si rifersice all'episodio della "madelèine" nel romanzo "La Rechèrche du Temps Perdu" di Marcel Proust, in cui il profumo del dolce appena sfonato evoca al protagonista ricordi nitidi d'infanzia. N.d.T.) in cui un evento minimo, in sé insignificante, innesca tutta una serie di ricordi, emozioni, profumi, visioni, suoni. E deriva tutto da quando ero molto giovane e stavo sdraiato a letto, ascoltando il suono di questi treni, che entravano e uscivano dalla stazione sibilando. L'associazione con i treni assume per forza una connotazione nostalgica, perché non ho realmente mai preso un treno da quando ero piccolo, sai. Sono molto pigro e preferisco guidare la macchina fino a dove devo andare, non salgo su un treno a meno che non ne possa fare a meno. Quindi i treni per me hanno mantenuto la loro essenza, di elemento particolare della mia infanzia. E' interessante crescere in una piccola città, probabilmente ti dà effettivamente un desiderio di viaggiare, sviluppi la passione e la curiosità di scoprire, l'idea che deve esserci qualcosa di più oltre i tuoi confini.
Tel Aviv
SW: Un taxi? No, vado a piedi, abito vicinissimo. Non ho deciso quale canzone ancora, sì, si tratta di rock and
roll, amico, ci inventiamo qualcosa man mano, non c'è da preoccuparsi.
Aviv Geffen: Amore.
SW: Non riesco ad esaltarmi per un'era in cui la musica non è altro che un pezzo di software, che scarichi in un cosino piccolo così e poi...
Aviv Geffen: Ci sono i concerti.
SW: Sì ma non riesco a trovarlo esaltante. a me piace ancora collezionare, comprare album e cose simili. Sai, guardare la copertina e la grafica, metterli in ordine alfabetico, analogico.
Aviv Geffen: Redenzione! Io amo
ques'tuomo, vedi? Vedi? E' il mio Schindler's List. Mi ha preso e portato fuori da Israele, come il film, lo conosci no?
SW: Sono IL Oskar Schindler.
Aviv Geffen: Sì. Allora vuoi fare colazione?
SW: Ok, andiamo.

SW: Siamo sulla spiaggia qua a Tel Aviv e potete vedere i bombaroli e i terroristi tutto intorno a noi. La gente è terrorizzata dalla situazione politica di qua, ma io sono stato in Israele circa cinquanta, sessanta volte negli ultimi sette anni qui, e poi qua non si vedono iPods in giro, è fantastico: se vai in giro in città non vedi gente con su l'iPod. E' come se non gliene fregasse iniente, preferiscono ascoltare musica dal vivo, o a casa sullo stereo. Molto piacevole. Gli israeliani sono molto interattivi, non se ne vanno in giro evitando di guardarti negli occhi, come in altre città del mondo. Sono sempre in giro a farsi nuovi amici, comunicare, incontrare gente nuova. Non sono più chiuso e troppo attento a cosa faccio e dico come ero una volta. Questo posto mi ha cambiato più di qualsiasi altro. In senso positivo, credo. Sono perfino più rilassato sul palco rispetto a prima, di soltio passavo tutto il concerto a fissarmi le scarpe. Ma ora sono molto più rilassato sul palco, e come
musicista, e come persona, non sono più stressato riguardo a dove sono arrivato, dove sto andando, di cosa sono alla ricerca. Quelle cose che ti ossessionano a vent'anni, venticinque, trenta. La prima volta che sono venuto in Israele avevo trenta e qualcosa anni; forse stavo già cambiando, comunque, però Israele mi ha aiutato a cambiare la mia prospettiva su quel che conta davvero nella vita, sai. La cosa più importante per me...beh, sono due le cose più importanti, una è sentire che hai lasciato qualcosa dopo di te, una sorta di eredità, qualcosa di significativo. Mi riferisco al lavoro adesso. E l'altra è...possiamo intervistare anche te?
Sconosciuta: Da dove vieni?
SW: Londra.
Sconosciuta: Sei un musicista?
SW: Sì.
Sconosciuta: Come ti chiami?
SW: Steve Wilson.
Sconosciuta: Che tipo di musica fai?
SW: Robaccia stramba.
Voce fuori campo: Premi il bottoncino sul lato, ok?
SW: Sì.
Voce fuori campo: Appoggiatici.
SW: Wow. Wow, allora ti piace scrivere testi? Questo si intitola "Formaggio, mi piace. No, si chiama "Cheers" in realtà, ma c'è scritto "Cheese", penso sia un errore di scrittura.
Melloboat 2009, Stoccolma
SW: Se sei una casa discografica come fai a vendere lo stesso album alla gente quattro volte? Gli vendi il vinile, il CD, il CD rimasterizzato, e ora la versione più bella di tutte: il CD che riproduce il vinile, il Japan mini LP. "La sinfonia delle fate", è veramente prog. Riesci a immaginare qualcosa di più prog di un album intitolato così? Dev'essere un bel disco per forza, no? (Si riferisce a "The Faerie Symphony", amibizioso terzo album solo di Tom Newman, con influenze celtiche, uscito per la Decca. Tom Newman prima faceva parte dei July, una band psichedelica inglese. Registrato nel 1977, ci suona Mike Oldfield, nella track "Dance of Daoine Sidhe", ma ciò non è scritto nei credits. Newman fu tecnico e produttore di Oldfield. L'album è uscito nel 2009 rimasterizzato per la Esoteric. N.d.T.) Cercavo questo qua, è difficile da trovare: Caravan "In The Land of the Grey and Pink". Non si trova facilmente in questa edizione.
Mikael Akerfeldt: Quello lì? Bello, bello, ce l'ho anch'io.
SW: E' un album molto strano.
Mikael Akerfeldt: Mi piace.
SW: A me piace molto.
Mikael Akerfeldt: Penso di averne un altro con lui.
SW: Quale, "Fine Old Tom"? Questo qui, in questo c'è anche Mike Oldifeld che ci suona ma non c'è nei credits.
Mikael Akerfeldt: ...
SW: No, ma è un grande album.
Mikael Akerfeldt: Sì, è ok.
SW: Questo è un brano incredibile: "Sloth".
Dungeness, UK
SW: In questi giorni una copertina è stata ridotta a un semplice pezzettino di carta, no? Intendo dire che una copertina di vinile era davvero un oggetto tangibile e statico, potevi tenerlo in mano, sentire la grana del cartone, era grosso, come un quadro. Per me era parte dell'opera. La musica è parte del come si presenta un album, e l'altra parte è la grafica. Non le ho mai considerate due cose distinte. Non ho mai capito come fanno certi musicisti a fare un album eccellente e poi ficcarlo in una copertina brutta, semplicemente funzionale, come "The Bends" o "Ok Computer" (dei Radiohead, N.d.T): grandi album e copertine di merda. Una delusione. Dal punto di vista visivo, tanti artisti se ne fregano di come la loro arte viene presentata. Non l'ho mai capito. Sai, sono cresciuto nell'epoca del vinile: quando lo ascoltavi, facevi caso ai ringraziamenti, alla grana della carta, del cartone, lo tenevi in mano, ecco. Ci stavi sopra, assorbivi tutto ciò che conteneva. Mentre i CD hanno ridotto la musica a livello del software. Volendo essere giusti, ammetto che i CD per una decina di anni erano la cosa migliore, così pratici. Ma penso che ora ci sia un ritorno all'attenzione al confezionamento, al dettaglio, al modo in cui la musica viene presentata fisicamente. Penso che sia in parte perchè si sta comprendendo che a meno che non diamo alla gente qualcosa di valido esteticamente, la gente scaricherà la musica. Non hanno motivo di comprare un CD a meno che tu non gli dia qualcosa che loro desiderino possedere. E poi? Oggi ci sono moltissime persone che ascoltano musica, e il loro "accompagnamento" visivo è un'icona piccola così sull'iPod.
Studio di Trevor Horn
Trevor Horn (produttore): Se ti piacciono gli album che suonano davvero bene, se dovessi prenderti uno stereo che
suona davvero bene, un piatto, e così via, e ascoltare incisioni davvero buone di cose come "Year of the Cat" di Al Stewart, prodotto meravigliosamente da Alan Parsons, e diciamo qualsiasi album dei Pink Floyd, dei Queen, ecco, suonano favolosi. Poi metti su gli stessi album in mp3 nello stesso stereo, e avrai uno shock brutale. Capirai che roba hai ascoltato fino a quel momento.
SW: Sono del tutto d'accordo. Un aspetto del problema è che ora abbiamo una generazione di ragazzi che crescono credendo che il suono degli mp3 sia come effettivamente la musica dovrebbe suonare. E non avranno mai la possibilità di ascoltare l'alternativa.
Trevor Horn: Beh, in un certo senso hanno l'alternativa, il suono dei concerti diventa sempre meglio, e alla gente piace andarci. Lo trovano grande, emozionante.
Programma televisivo Sky News
Speaker televisivo: La teoria dell'università di Stanford ha scandalizzato i puristi musicali tra cui il musicista britannico, nominato per i Grammy, Steven Wilson: è qui per spiegarci come mai pensa che il vecchio iPod sia lo strumento del demonio.
SW: Ci sono tre punti essenziali per me: la prima ragione è la qualità della musica che ascolti con l'iPod, molto scarsa: per me è come guardare una fotocopia di un quadro stupendo. E' un modo molto comodo, compresso di ascoltare qualcosa che dovrebbe invece essere goduto ai massimi livelli: dopotutto è un opera d'arte.
Melloboat 2009
SW: La copertina, Gospel Oak.
Mikael Akerfeldt: Sì, l'ho comprato per quella ma non è un bel disco, è una schifezza. Questo è uno dei miei dischi preferiti.
SW: E' molto bello.

Città del Messico
SW: Ci canti una canzone, Suse?
Susana Moyaho: Quale?
SW: Una dei Tokyo Hotel.
Susana Moyaho: No.
SW: Perché?
Susana Mohayo: Mi vergogno. Perché non mi piacciono neanche, i Tokyo Hotel.
SW: Invece sì, adori quella canzone.
Susana Moyaho: No.
SW: Pensi che il cantante sia un super figo.
Susana Moyaho: E allora?
SW: Ce ne sono altri come quello che abbiamo appena visto, me lo sono scordato, con una bella copertina e un album schifoso. Quello! Adoro questa copertina (Zior, Nepentha, N.d.T.). Queste sono tutte belle, come le copertine degli Sring, e dei Black Sabbath. E quello di Dando Shaft? Ce l'hai? (omonimo del 1971, N.d.T.) E' un genio.
Mikael Akerfeldt: Sì, ma dov'è adesso? Se sei in una band di death metal come alcuni di noi, il tuo gusto si limita a immagini dark.
SW: Dark, va bene, ma perché molte copertine metal sono tremendamente banali e prive di buon gusto?
Jonas Renske (Katatonia): Perché il pubblico vuole quello.
SW: é solo per questo, perché ti ci spinge il pubblico?
Mikael Akerfeldt: Di solito, quando una band ti piace per la loro musica, ti piace anche il loro stile grafico.
SW: Normalmente di direi di sì ma per le band metal non è sempre così, anzi quasi mai.
Mikael Akerfeldt: Perché non ci sono molte buone band metal.
SW: Le copertine tutte uguali, sono perché piacciono al loro pubblico o perché le band non hanno altre idee, esteticamente parlando?
Mikael Akerfeldt: Prendi le sessioni fotografiche...non so come dovrebbero essere le foto dei gruppi metal ma quel che vedo sempre io è che veniamo fotografati così (fa una faccia feroce). Come su Metal Hammer.
SW: Sì, è un luogo comune.
Mikael Akerfeldt: E io non ci riesco. Ne ho fatte qualcuna del genere e mi si legge negli occhi che sto soffrendo. Ho appena fatto delle foto con Angela di Enemy per la copertina del loro giornale, e mi ha fatto posare con una spada, così.
SW: La voglio per appenderla incorniciata in camera mia.
Mikael Akerfeldt: E mi dicevano di fare un'espressione cattiva. E io mi sentivo così: (fa un'espressione depressa e insieme perplessa).
SW: Quando vieni da posti come Hemel Hempstead cerchi sempre quelle piccole cose che danno ispirazione, sai, come anche solo andare alla biblioteca del paese e trovare un album di Frank Zappa, o simili. E in un certo senso io sono dispiaciuto per i ragazzi di oggi, perché hanno tutti questi vantaggi tecnologici, per loro è tutto facile. Per me, scoprire un album di Zappa o dei Pink Floyd nella biblioteca era un momento epifanico. E poi io potevo permettermi di comprare al massimo un album al mese, così andavi al negozio di dischi, e dovevi prendere una decisione davvero seria su cosa acquistare, su quale disco investire tempo, denaro ed energia per il prossimo mese. Poi quando compravi quel disco e lo portavi a casa, te lo divoravi per giorni e giorni, lo decifravi, cercavi di trarne tutto quel che potevi, che ti ispirasse. E naturalmente oggi, dato che i ragazzi possono downloadare non un album ma l'intera discografia di un artista, possono con la stessa facilità buttarlo via. Quindi se gli interessano i Pink Floyd o i Beatles, vanno su internet, scaricano tutto, non gli costa un penny, ascoltano un paio di brani a caso, e se non gli piace al primo colpo, buttano via tutto.
Voce al telefono Quindi, al giorno d'oggi non fanno più quel lavoro col gas come una volta, ma a quei tempi col gas ti stendevano, eri incosciente e il dentista finiva quel che doveva fare, strapparti un dente o quel che era. Allora, in questo sogno io mi sveglio e il dentista invece del dente mi aveva staccato la testa. L'ha messa in questa specie di boccia di vetro per pesci rossi, e io la prendo, e me la metto sottobraccio. E tenendola così esco dallo studio, e il dentista sta in cima alle scale, sorridendo muove la mano per salutarmi. Un po' stile la dannata "Casa nella Prateria", una cosa del genere. E mentre scendo le scale con la mia testa sottobraccio, inciampo e cado giù dai gradini, e la testa rotola giù. attraversa la strada rotolando. E dall'altra parte della strada c'è un campo di grano, e la testa ci rotola in mezzo. E io attraverso la strada carponi, striscio nel campo di grano, e a tentoni la cerco. Sto sognando al contrario.
Susana Mohayo: Ste, cosa stai facendo?
SW: Non so cosa sia "me". Ho sentito David Bowie dire che non sia chi sia il vero David Bowie, e credo che neach'io sappia chi sia il vero me stesso.
A bordo della Melloboat 2009, Stoccolma
Voce fuori campo: Andiamo lì, possiamo prendere un té.
Ragazzo fan: Posso essere davvero molto maleducato e chiederti di fare una foto con me?
SW: Non è così maleducato, ok.
Ragazzo fan: Scusa, puoi farci una foto?
SW: Ok, grazie. OK, va bene. L'ultima, sto andando a prendere un té. Grazie, divertitevi.
Hemel Hempstead (UK), scuole superiori
SW: L'edificio delle scienze, giusto? Lo è ancora? Oh sì, design e tecnologia. Cosa fanno con questo edificio adesso? Lo chiamavano l'edifico delle inchieste quando ero a scuola qui. Non ho mai capito cosa fossero queste inchieste. Questa è fondalmente la civiltà che si è divertita da sola fino a portare sé stessa a uno stato catatonico, quasi. Ed ecco perché abbiamo programmi come American Idol, Grande Fratello dei Famosi, Sono Famoso Tiratemi Fuori di Qui, (reality statunitensi, N.d.T.): tutta questa roba che fa sì che il cervello si ottunda. La musica è stata ridotta a questa specie di sciarada, gente che in realtà dovrebbe cantare sulle navi da crociera o in enoteche, questo è il livello di creatività che hanno, più o meno, ammesso che siano effettivamente musicisti. Ma invece sono stati elevati a questo status di superstar musicali, di icone. E sono di esempio a tutta una generazione, dandogli il messaggio che la cosa più importante nella vita è essere famosi. La faccenda riguardo ad American Idol è che è più o meno un mezzo, per l'industria musicale, di riprendere il controllo, le redini del mercato della musica pop. Lo stavano effettivamente perdendo. Se si pensa all'era post grunge, l'era Nirvana, un sacco di musica veniva pubblicata da etichette indipendenti, suonata da ragazzini che registravano nelle loro camerette, e il modo che hanno scovato di riprendere il dominio di questa scena è stato appunto di creare artisti fatti a tavolino con questi show. Non è che non lo facessero prima, lo hanno sempre fatto in passato di creare bands a tavolino, ma per lo meno cercavano di nasconderlo, cercavano di far credere che questa bands si fossero trovate da sole, che avessero scritto la propria musica in autonomia. Ora non fanno neanche più finta. Anzi mettono l'intero processo sullo schermo, dicono: Guarda, stiamo fabbricando questo musicista. E' un falso in tutto e per tutto, e tu comunque ci crederai e comprerai i suoi dischi.
SW: Reign in Blood degli Slayer, 29 minuti. Pet Sounds (Beach Boys, N.d.T.): 35 minuti. Revolver (Beatles, N.d.T.): 33 minuti. The Notorious Byrd Brothers (The Byrds, N.d.T.): 33 minuti. Si aspettano che la musica sia compressa, come se uno potesse comprare la musica al metro. Sì, era di 50 minuti, ma abbiamo avuto fans che si lamentavano, perché avevano speso dieci dollari su amazon e non era 67 minuti o più. Certo che è folle. E comunque vedi i ragazzini che ascoltano la musica dai loro dannati telefoni. Ne ho visto uno alla fermata dell'autobus l'altro giorno. Ma dai, per amor del cielo! Questa è l'evoluzione peggiore. ma penso che tu abbia ragione: la musica negli anni '70 e '80, quando io ero ragazzo, era il primo modo che uno utilizzava per definire la propria personalità, in contrasto con quella dei genitori. Quindi arrivi a una certa età, inizi a ribellarti ai genitori, e il mezzo principale per farlo quando io ero adolescente era la musica. Ti interessavi a David Bowie, ai Pink Floyd, agli Smiths o quel che era, Gary Numan...oggi non credo che la musica sia il principale mezzo di ribellione dei ragazzi. Sono altre cretinate, come i giochi del computer, le scarpe da tennis che porti.
Abitazione dei genitori di SW
SW: Questa band qui, questi, sono gli Amber Dawn... questo è Mark, che abitava dietro l'angolo, il mio primo compagno
musicale.
Mrs Wilson: Compagno di scuola.
SW: Sì, ma lui era quello appassionato di musica.
Mrs Wilson: Lo conoscevi da quando avevate sei anni.
SW: E suo fratello aveva molti dischi e ascoltavamo cose come Camel, Hawkwind, Yes, aveva tutta questa collezione; e formammo questa band chiamata Amber Dawn. C'era anche Richard, ti ricordi Richard? Era più grande di noi, non so come lo incontrammo. Questa era la sala da pranzo di mamma, sempre con la batteria di Mark montata.
Mr Wilson: Ci arrivavano le lamentele dei vicini.
Mrs Wilson: Una volta suonarono in cortile mentre noi non eravamo in casa, e un'amica vicina di casa mi disse: Non penso che tu li avresti lasciati fare, se ci fossi stata.
SW: Prima ci furono i Paradox, una band heavy Metal, poi gli Amber Dawn, e infine i Karma.
SW: Non ero contento di un paio di note.
Dirk Serries (intervistatore): La faccenda del muro di rumore nel tuo album solo: hai incorporato la cosa per sfidare il
tuo pubblico? Perché sai che si aspettano da te canzoni bellissime, ma anche di essere provocati, a un certo punto, con diversi suoni, frequenze inconsuete...o volevi solo che quel rumore fosse parte della composizione?
SW: A me piace il fatto che uno possa scrivere bellissime ballads e a un certo punto distruggere completamente l'atmosfera creatasi con un suono inaspettato, come in "Get all you deserve", che inizia molto malinconica, ma poi ci sono strati e strati di rumore finché tutto è come coperto di bolle sonore. Era la mia idea fin dall'inizio della canzone. Ho sempre amato queste cose. Ho sempre spinto i miei collaboratori ad andare oltre, capisci? Spingerci fin dove potevamo e poi anche oltre.
Israele
Raviv Golan (intervistatore): Guarda, io penso che la faccenda di internet, e la cultura del download, dell'ipod, chiamala come vuoi, sia un'ottima cosa per la musica, ottima. Una delle migliori cose che siano successe alla musica.
SW: Non sono in disaccordo con te, anche se può sembrare sorprendente. In realtà internet probabilmente ha liberato la musica in molti modi. Rispetto a un'epoca in cui era molto sotto il dominio delle grandi etichette, del marketing, internet ha fornito agli artisti una chance per raggiungere direttamente il publico. Ora abbiamo gruppi come Radiohead e NIN che vendono direttamente la loro musica, e questo è fantastico. Suppongo che sia come tutto nella vita: c'è il lato negativo e quello positivo. Avviene per qualsiasi tecnologia. Il lato negativo di questa cultura del download è che ha svalutato la musica al punto che la gente non pensa realmente di dover pagare per averla, e non la assorbe nel modo in cui faceva una volta.
Raviv Golan: Il nuovo album non è più un avvenimento. Lo ascolti settimane, mesi, sei mesi prima che esca
ufficialmente. Quando esce è già vecchio.
SW: E' interessante che i grandi eventi in questo settore l'anno scorso siano stati l'uscita direttamente su download di alcuni album, come i Radiohead. Tutta la stampa parlava dell'uscita in download mentre quando uscì, finalmente, su CD non sembrò niente di che come evento. E' interessante e credo che l'attenzione si sposterà sempre più verso l'uscita su download, virtuale, quello sarà l'evento.
SW: In passato mi auguravo di essere nato vent'anni prima perché sotto molti punti di vista l'età dell'oro della musica per me furono la seconda metà degli anni '60 e i '70. Ci fu questa incredibile esplosione di creatività, uscendo dall'era dei singoli, con bands come i Beatles e i Beach Boys, Hendrix e i Pink Floyd, uscendo dall'era psichedelica ed entrando in quella progressive, nell'art rock, nella grade era degli album. Fu allora che l'album fu realmente elevato al livello di grade forma artistica. Al contrario prima di allora l'album era stato una collezione di singoli. Ma inprovvisamente c'era gente che considerava l'album una forma artistica vera e propria. E ci fu questa epoca dal '67 al '77 quando l'album divenne la principale forma d'arte. E poi venne la musica punk, e credo che fosse doveroso, la apprezzo eccetera, ma penso che mise la parola fine a quell'epoca d'oro. Quindi ho una certa nostalgia per quell'era, credo che avrei dovuto probabilmente fare musica allora. Però penso che stia tornando, che ora ci siano artisti che stanno riportando in auge quella filosofia: Sigur Ros, Flaming Lips, Tool, Mars Volta, Opeth, ci sono un sacco di band che fanno album grandiosi. Parlando dei miei rimpianti per il futuro, è dura, perché l'industria musicale, per come la conosco e la amo io, sta in un certo senso morendo. Penso che stia rinascendo in un'altra forma, e non so esattamente quale, per il momento.
SW: Le sofferenze e i brutti ricordi sono altrettanto importanti che le belle esperienze e i bei ricordi. Se tu immagini la vita come al 99% abbastanza lineare, e la maggior parte del tempo sei in uno stato che non è né felicità né tristezza, e poi nell'un per cento sperimenti momenti di felicità cristallizzata o tristezza cristallizzata, o solitudine, o depressione, e io credo che quei momenti siano molto potenti, ecco, per me sono quei momenti cristallini di malinconia che mi ispirano di più. E in un modo strano, essi diventano alquanto belli, in un modo particolare. La musica che è triste, malinconia, deprimente è in un certo modo perverso più in grado di tirarti su. Per me la musica allegra è estremamente deprimente. La musica felice non ha spiritualità dietro, è una specie di musica da festa, senza cervello. Comunque parlando in termini generali direi che io sono il genere di persona che risponde di più alla malinconia. Ed essa mi fa stare bene. Credo che il motivo sia che se tu reagisci fortemente a quel genere di forma artistica, è perché in un certo senso di fa sentire meno solo. Dunque quando sentiamo una canzone veramente triste, ci fa sentire che condividiamo questa esperienza umana con altri, che siamo quasi legati tra di noi dalla depressione, dalla malinconia e dalla tristezza.
Isla de las Muñecas, Messico
SW: Specificamente, mi piace l'usanza tardo-vittoriana, della fine del diciannovesimo secolo, di fare fotografie ai defunti, come se così si potesse preservare la loro anima in qualche modo, nella pellicola o quel che fosse. Inoltre quelle foto erano bellissime, veri capolavori artistici.
Non erano come certe immagini patetiche da film horror di serie B, erano immagini davvero piene di bellezza, e di pace. Quando vedi queste foto per la prima volta, non capisci neanche che i bambini ritratti sono morti, dapprima. Ti sembra che stiano riposando, o dormendo, anche se sotto sotto sai che c'è qualcosa di anomalo nell'immagine, e poi guardi meglio e capisci di che si tratta. E' una delle cose che mi spaventa dell'avere figli: il pensiero di poterli perdere. Come faresti a convivere con una cosa del genere? Ci si riesce mai, a riprendersi da quel genere di perdita? Piuttosto, non è più semplice non avere affatto figli?
SW: Alcune di queste bambole sono così umane, vero? Come questa.
Hemel Hempstead (UK), scuole superiori
SW: Oh no, non ci sono più lavagne nere, solo cose bianche high-tech. La faccenda del politically correct ha fatto impazzire tutti. Questo è il campo di gioco, dove mi facevano regolarmente a pezzi, a forza di calci. Quando arrivai qui nel 1978, ero un grande fan del calcio, amavo il calcio. I miei mi iscrissero a questa scuola in cui invece si giocava il rugby, e venni preso a calci all'inverosimile, ogni giorno, proprio qui. Poi io ero minuscolo, smilzo. Lo odiavo, odiavo fare sport.

SW: E questo è l'edificio di arte.
SW: L'industria musicale ti spezza il cuore. Come tutte le industrie basate sull'arte: poiché tu, artista, devi essere in grado di creare qualcosa che ti viene dal cuore, e poi devi essere preparato al fatto che qualcuno te lo calpesti. Quando lavoravo per una compagnia di computer, andavo in ufficio dalle 9 alle 5, cinque giorni a settimana, e se a qualcuno non andava il lavoro che facevo, al lavoro, non era un problema. Se criticavano il mio lavoro, non la prendevo sul personale. Andavo a casa, e non importava più. Ma se ti dicono che la musica su cui hai passato l'ultimo anno della tua vita, componendo, registrando, mixando, masterizzando, e portandola in tour, è merda, quel che stanno realmente dicendo è che tu sei merda. Perché la musica, l'arte è un estensione del tuo essere. Non è così per un lavoro di ufficio, catalogare, vendere computer o quant'altro, non è un'estensione della tua personalità. Ma la musica sì, è una espressione creativa del tuo cuore e della tua anima; quindi ti può spezzare il cuore. E alcuni non ce la fanno e lasciano perdere questo lavoro, perché passi un anno a creare e poi qualcuno ti recensisce e dice: questo disco è un pezzo di merda, e così facendo sbattono via un intero anno della tua vita. O addirittura te: così, in un attimo, decidono che tu sei merda, inutile, che quel che fai non ha senso. Ed è durissimo abituarsi a questo, durissimo.
SW: C'è stato un momento in cui ho capito che stavo facendo quel che facevo per le ragioni sbagliate, che stavo facendolo per fare piacere ad altre persone, non a me stesso. Credo in realtà che essere un vero artista significhi concedere moltissimo spazio ai propri desideri e gusti ed essere incredibilmente ...egoista. E quell'egoismo e quell'indulgenza verso sé stessi è ciò che per me separa un artista da un intrattenitore. Questa è stata la mia regola per gli ultimi dieci anni, o anche più, in realtà: mi sentii disgustato fisicamente dall'idea di fare musica in cui non credevo.
SW: Il mio insegnante di arte suonava la chitarra, e dopo la scuola ogni tanto teneva delle lezioncine di chitarra, con tre o quattro alunni, e mi insegnò alcune delle mie prime canzoni, gli accordi. Un tipo in gamba, si chiamava Mr Jackson. E là c'è anche una chitarra, non è che lavora ancora qui, Mr Jackson? No? Incredibile come tutto sembri piccolo. Nei tuoi ricordi questo era tutto il tuo mondo. Ci torni ...e le stanze sono minuscole.
SW: Qualcuno si starà chiedendo perché ho fatto un album solo, e che cosa ci sia di diverso, e spero che questo vi sarà chiaro quando lo ascolterete. Ecco tutto.
SW: Ottimo. Momenti meravigliosi. Perché la musica è buona, penso.

Trascrizione e traduzione by Domizia Parri