Rock TV: On The Road 29/09/2010

Trascrizione dell' intervista a Steven Wilson trasmessa nel programma televisivo On The Road di Rock TV, Canale di Sky il 29 Settembre 2010.


L'Italia è uno di quei paesi dove andiamo tanto quanto gli altri posti. Siamo venuti qui nel 1995 all'inizio della nostra carriera, e sono rimasto sorpreso di vedere che avevamo un seguito così grande qui. A Londra era il periodo in cui suonavamo davanti a 30 persone, venivamo a Roma o a Milano e suonavamo davanti a 2000 persone ed era fantastico. L'Italia ha sempre avuto un posto speciale nel nostro cuore, è uno dei primi paesi che ha abbracciato il progetto Porcupine Tree ed è sempre un piacere tornare qui soprattutto per un vegetariano come me. E' il miglior posto al mondo per essere vegetariani.Il nuovo album, "The Incident" è stato pensato come un romanzo, nel senso che è nato per essere ascoltato in modo molto lineare, dall'inizio alla fine. Non sono brani musicali separati, ma una sequenza unica. E' un cd doppio, il primo dura 55 minuti ed è un viaggio musicale continuo, così allo stesso modo in cui leggi un libro iniziando dal capitolo 1 fino alla fine, così è come "The Incident" è stato pensato per essere ascoltato, una cosa poco alla moda da fare nell'era dell'I Pod e del download. Ma credo sia importante. Questo è come sono cresciuto io, innamorandomi dell'idea che un album ha una storia musicale, un'avventura musicale. Credo che sia importante fare questo tipo di musica, perchè c'è gente a cui piace ancora questo tipo di approccio dell'album, fatto da piu' di 10 canzoni pop messe insieme. Ha la propria struttura, con un peso musicale proprio. Proprio come un buon film o un libro, una cosa che raggiungi dopo un lungo periodo. Una trama narrativa che non puoi avere in tre minuti di canzone pop.Ho scritto molti incidenti, ma l'idea originale è venuta da quando noi ci fidiamo dei media per filtrare le cose per cui proviamo emozione o empatia. Per esempio: puoi vedere le notizie ogni giorno e trovare tante cose drammatiche, e a volte orrende: terremoti, omicidi, abusi su minori, rapimenti, assassini...E per come viene usata la parola "incidente" dai media, ci fa sentire distanti, spersonalizzati da queste cose così tragiche. In qualche modo ci assolve dalla necessità di sentire "troppo", e questo posso comprenderlo perchè non possiamo emozionarci per ogni cosa orrenda che capiti nel mondo. Ma allo stesso tempo permettiamo ai media di manipolarci troppo. Per esempio, quando Michael Jackson è morto, è successa la cosa opposta: i media erano entrati in questo sovrautilizzo isterico. Era come se un membro della nostra famiglia fosse morto, il chè è assurdo, è una singola pop star.Mi sono sentito triste per la morte di Michael Jackson, non sto dicendo il contrario, ma allo stesso momento, e probabilmente nello stesso notiziario in cui veniva raccontata la morte di Michael Jackson, veniva raccontato anche di persone morte in terremoti, tsunami, abusi su minori...c'è qualcosa di contorto in tutto ciò. Credo che l'idea di "The Incident" è cercare di andare a fondo del perchè abbiamo parole come "incidente". "Incidente" è una parola che in realtà non ti dice nulla, è un vocabolo senza passione molto spesso usato per descrivere qualcosa che è tutto all'infuori dell'essere freddo e senza passione. E' solitamente qualcosa di molto traumatico. Ho cercato di andare a fondo sul perchè abbiamo filtri nel linguaggio di questo tipo. Filtri dei media. Ma poi si è trasformato in "incidenti" nella mia vita privata. Eventi autobiografici che sono diventati drammatici e traumatici nella mia vita. Cose che hanno formato la mia personalità. Ho analizzato tantissimi incidenti, ma la cosa che mi piace di piu' è la perversità di quella parola: "incidente". E' una parola fredda, quasi meccanica, ma è usata spesso in modi e in contesti diversi. E' affascinante. L'album non parla solo di "incidenti" che ho preso dai media, c'è un sacco di roba personale. La cosa piu' interessante è che quando si scrive una canzone, anche se si sta scrivendo di qualcosa che sembra distaccato dalla propria vita, devi per forza convogliare la tua emozione personale per renderlo credibile. In questo senso ogni canzone è autobiografica e allo stesso tempo ogni canzone è finzione. Non ho mai scritto una canzone che fosse completamente autobiografica, e non ne ho mai scritta una che fosse totale finzione. C'è sempre una via di mezzo, in questo senso è molto naturale parlare dei cosiddetti eventi fittizi, perchè stai sempre scavando nella tua memoria, nel tuo pozzo di esperienze, nella tua psicologia, nelle tue nevrosi, nei tuoi blocchi...per fare in modo che la canzone sia credibile. Ed è quindi stato molto naturale, per il mio caso, scrivere di incidenti nella mia vita. Sembra un grosso salto ma non mi sono sentito così mentre scrivevo canzoni. Un minuto prima stavo scrivendo di qualcosa di molto astratto, e il minuto successivo mi trovavo a scrivere in modo molto organico e naturale di qualcosa capitato nella mia infanzia. Qualcosa di traumatico, una relazione interrotta, ricordi di dove sono nato e cresciuto. E' tutto legato nell'album, e non chiedermi come, ma tutto sta insieme e ha un senso, o almeno lo spero...La mia suggestione verso i fantasmi deriva dal fatto che li vedo sempre come una metafora per i ricordi e per il senso di rimpianto e perdita. Per esempio c'è qualcosa dell'infanzia che ricorre spesso nelle mie canzoni: questa combinazione tra l'infanzia e l'idea dei fantasmi per me vanno di pari passo. E' come se non si apprezzi l'infanzia quando la si sta vivendo, ma piu' invecchio, piu' sento di diventare sentimentalmente romantico e nostalgico, e quello che vedo sono i fantasmi della mia infanzia: le persone che non ho piu' visto da allora, i luoghi che non ho piu' rivisto, o meglio essi esistono, ma non saranno piu' gli stessi dei miei ricordi. I rimpianti che ho...credo che ognuno abbia i propri fantasmi, nel senso di cose che si rimpiangono, relazioni che non sono andate bene, amicizie che non sono continuate. Ricordi molto sentimentali come lunghe giornate d'estate trascorse da bambino quando non hai alcun senso di resposabilità. Hai solo questo grande senso di curiosità e di innocenza. E quelli sono fantasmi perchè non avrò mai piu' quelle sensazioni. Il senso di curiosità ed innocenza li perdiamo quando diventiamo grandi, abbiamo lo stress, la pressione e la consapevolezza...si apre il "Vaso di Pandora" e quando diventi grande non puoi piu' rimettere il genio di nuovo nella bottiglia. I fantasmi per me sono una metafora per la perdita, il rimpianto e i ricordi, a volte in modo malinconico, e altre in modo sentimantale e romantico. C'è una canzone del disco intitolata "Time Flies" che è veramente uno sguardo sentimentale verso la mia infanzia: i miei genitori quando ero giovane, i miei amici, la scuola, la prima ragazza, il tipo di ragazza che hai quando hai sei anni, quel genere lì...molto innocente, un'amicizia che forgi quando sei molto giovane. Ed è quindi uno sguardo sentimentale ai fantasmi passati della mia infanzia. Ecco perchè viene fuori così tanto nelle mie canzoni, è una metafora stupenda per i ricordi, la perdita e il rimpianto. La migliore risposta che ti posso dare e che puo' sembrare pretenziosa, è dire che alla fine coì è la vita. Mi chiedi come mai ho messo così tanti eventi differenti tutti insieme in un album e in una canzone unica. E' una metafora della vita. Una cosa che mi interessa della musica, ed è una cosa che le persone non notano spesso, è: quando guardiamo un film o leggiamo un libro, le nostre emozioni sono costantemente..."manipolate", è la parola sbagliata, ma sicuramente siamo spinti verso un viaggio emozionale. Se guardi un film, una scena puo 'essere molto felice, e poi improvvisamente qualcosa di tragico accade e l'intero umore del film cambia. E tu, in quanto spettatore o lettore, sei catapultato in un viaggio emozionale. Come sulle montagne russe. E' strano che la musica non abbia questa cosa così spesso. Quando ascoltiamo una canzone è felice, arrabbiata o triste. Non c'è n'è una che affronti tutte le sfaccettature delle emozioni. Con la musica puoi fare le stesese cose che fai con un film: viaggiare nel tempo, spostarti dall'autobiografia alla finzione, alla fantasia come fanno le persone nei libri. Perchè non farlo nella musica? Questo è quello che penso...Sto cercando di creare una continuazione musicale che abbia lo stesso proposito di un libro o di un film e portare l'ascoltatore in un viaggio emozionale simile. Non mi sembra strano, non mi sembra un grosso salto nell'immaginazione spostarsi dall'autobiografia alla finzione, alla fantasia. Come ho detto prima, per me fa parte della stessa esperienza emotiva. Che io scriva finzione o autobiografia è sempre parte di me in ogni caso, perchè è sempre la mia prospettiva, la mia personalità, il modo in cui io vedo il mondo non mi sembra così strano. Il piu' grosso cambiamento in "The Incident" è la linea narrativa. Questo senso narrativo che hai bisogno di ascoltare dall'inizio alla fine, come leggi un libro. Per esempio non inizieresti mai a leggere un libro iniziando dal 6° capitolo. E poi leggere il 13° e poi il 2°, non lo faresti, non avrebbe senso. Credo che il grosso passo in questo disco sia stato quello di adottare l'approccio letterario o cinematografico: devi sederti e ascoltare il disco dall'inizio alla fine. tutto questo ha portato ad un modo diverso di scrittura: ti fa pensare di piu' alla struttura, al flusso e il modo in cui la trama, se posso continuare ad usare l'analisi letteraria, la trama e i personaggi si sviluppano. Non ci sono letteralmente personaggi nei testi, ma dal punto di vista musicale c'è una relazione, perchè devi far muovere la struttura della musica in un modo che abbia senso e soddisfare l'ascoltatore dall'inizio alla fine. Credo che sia una cosa abbastanza nuova. Sicuramente per me scrivere in quel modo è stato una sfida. E anche per le persone che ascoltano è una sfida: devi impegnarti con questo tipo di musica per un lungo periodo, non puoi semplicemente ascoltarne tre minuti... o forse puoi...non lo so. Sicuramente sono un tipo che va ascoltato con molta attenzione e con molto impegno. Se mi chiedi che tipo di risposta emotiva mi aspetto dalle persone che ascoltano il disco è che il disco ha così tante emozioni in se stesso. Dal punto di vista musicale si passa da una bellissima musica "ambient", fino all'estremo "death metal", canzoni pop, musica "industrial", c'è tutto. Anche i testi spaziano ovunque: rabbia, malinconia, romanticismo sentimentale, canzoni sull'infanzia. Così come quando vai a vedere un film, sperimenti molte emozioni diverse, credo che la stessa cosa valga per "The Incident" dal punto di vista musicale. Suoniamo dal vivo il primo disco di "The Incident" 55 minuti di musica nella sua versione integrale, per la prima parte dello spettacolo. E' una cosa senza compromessi che facciamo e chiediamo al pubblico molto: essere pazienti, ascoltare e guardare quello che in effetti è un pezzo musicale singolo. E fino ad ora sono rimasto contento: mai sottovalutare l'intelligenza, la pazienza e l'intelletto delle persone. Perchè se dai certe cose a gente che spesso le chiede, molto spesso reagiscono alla sfida e apprezzano il gesto. Per cui suoniamo la prima parte dello spettacolo come un pezzo musicale singolo. Abbiamo anche dei media, dei film che per tutta la durata del brano spiegano l'idea che c'è dietro alle parole, ed è un tipo di interpretazione del testo. Sono spesso riluttante ad entrare nello specifico sul significato dei testi, mi piace il fatto che si possano interpretare a modo proprio con le proprie esperienze, ci sono però dei film che hanno a che fare con le tematiche espresse nei testi. E' un'esperienza "audiovisiva". Sono molto prolifico, ma vorrei che si sapesse che ci sono tante persone come me. Essere capaci di fare musica, e farlo in modo professionale, in altre parole non avere un altro lavoro ed essere in grado di farlo per vivere, è un dono ed un privilegio, e so che molte persone vorrebbero fare a cambio con me: essere in grado di vivere facendo musica. Non sono ricco, non sono una celebrità, ma sono in grado di fare quello che amo, e vengo pagato abbastanza per farlo così posso continuare a farlo. Questa è già una posizione di privilegio, e mi sentirei in difetto se non facessi abbastanza musica, se non usassi questo dono e questa opportunità di fare piu' musica possibile. Amo comporre, non mi sembra di lavorare. E' un così grande piacere fare musica, che non mi sento imprigionato, non è un lavoro, per me è un onore. Ho sacrificato delle cose: non ho una famiglia, non ho bambini...Ho 40 anni e in qualche modo ho sacrificato qualcosa per fare quello che faccio, per farlo così tanto...ma questo è il modo che ho scelto per meglio approfittare di questo dono. Qualsiasi dono io abbia, credo sarebbe un tradimento non sfruttarlo al massimo. Se non fossi stato un musicista...il mio secondo amore è il cinema, per cui avrei cercato di vivere facendo il regista, l'attore o qualcosa del genere. Credo che il punto di tutto sia che amo essere creativo. Amo variare, è difficile per me essere ripetitivo. La cosa bella dell'essere musicista è che c'è sempre un paese nuovo, gente nuova con cui lavorare. Credo che la cosa varrebbe anche se non fossi un musicista. Ho sempre bisogno di essere creativo e di variare e cambiare. Quindi qualcosa che abbia a che fare con il mondo dei film.  


Trascrizione by Barbara Zangari / Foto credit by Isabell

Graphic elements are from CSS Zen Garden theme by Pierre Antoine Viallon (Creative Commons license), Lasse Hoile and Porcupine Tree.